RUBRICA: “Quello che non si vuol vedere”

Uniamo le nostre solitudini?

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RUBRICA: Quello che non si vuol vedere

 

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 Uniamo le nostre solitudini

Questa semplice frase ci riporta immediatamente al tempo che fu. Ricordate quando, timidamente,  si tentava un approccio tra single (magari persone vedove o comunque in difficoltà a relazionarsi) usando proprio queste parole?

L’altro giorno, andando a Milano in metropolitana, facevo questa riflessione: la gente non sa più stare sola, nemmeno per poche decine di minuti. Non si ha voglia di perdere tempo a pensare, non c’è interesse a guardarsi intorno, a riflettere, non si sa più semplicemente godersi un istante di pausa parlando solo con se stessi. Appena si entra nella carrozza della metro (rigorosamente di corsa, anche se il treno è fermo al capolinea e partirà dopo dieci minuti!) si estrae dalla tasca o dalla borsa il cellulare e via di messaggi, whatsapp, social o giochini on line.

Quante solitudini, tutte insieme, che non riescono più nemmeno a dire a parole “ci uniamo?”, ma si ritrovano di fatto unite in rete. Parlano virtualmente con un interlocutore che ha il potere di farle sentire parte di un gruppo, le coinvolge in sfide colorate con diaboliche caramelle che scoppiano, riempie il loro tempo prezioso di faccine smorfiose che prendono il posto di parole semplici ormai tanto difficili da scrivere… L’importante è non rimanere inattivi nemmeno per un istante.

Proponeva Fromm l’interessante dilemma Essere o Avere, ma oggi lo potremmo tranquillamente trasformare in un nuovo quesito: essere o fare? Fare, fare, fare…sempre fare, per non fermarsi a pensare, per non voler vedere quanto si è soli. E pensare che basterebbe così poco. Basterebbe alzare lo sguardo, guardarsi attorno e scoprire un prossimo che non aspetta altro che noi gli rivolgiamo la parola. “Buongiorno! Lo sa? Lei…mi piace”.

RUBRICA: “Quello che non si vuol vedere”

Le discriminazioni dissimulate

 

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Le discriminazioni dissimulate

Come dice in un suo saggio Faucault, a proposito del quadro “Questo non è una pipa” di Magritte, il segno non è mai la cosa.

Così accade anche al di fuori dell’arte, dove il “detto” non sempre è il “pensato” o meglio, ciò che viene detto spesso dissimula un pensiero totalmente diverso da quanto appaia ad un ascoltatore distratto.

Viviamo in un Paese che promuove valori nobili e universalmente apprezzabili, come la democrazia, l’uguaglianza, la libertà di pensiero, il rispetto, il rifiuto delle discriminazioni, l’accoglienza e via dicendo. Eppure ci ostiniamo a non voler vedere quanta ipocrisia ci sia a volte nelle modalità con cui tentiamo di mettere in pratica questi valori nei gesti quotidiani.

Partiamo dalle notizie di un telegiornale. Ho sentito oggi annunciare che stanno per essere celebrate le esequie dell’ultima ragazza vittima dell’incidente stradale in Spagna. Il particolare che mi ha colpito è stato l’inciso fatto dalla giornalista: “Si svolgeranno oggi i funerali – con rito civile - dell’ultima vittima…” Una piccola frase, del tutto inutile a mio parere, buttata lì con subdola noncuranza, ma che ci richiama in modo subliminale il concetto che la regola sia fare una cerimonia religiosa. Certo, tutto è ammesso e rispettabile, ma non a tal punto da passare inosservato.

Continuiamo. Nei giorni scorsi, in occasione dell’ultimo terribile attentato in Belgio, abbiamo potuto assistere, ancora una volta, alla consolidata prassi della identificazione collettiva nel dolore del popolo colpito. E ancora una volta, esattamente come accaduto dopo le stragi di Parigi, sono comparse sui social bandiere giallo-rosso-nere che inglobano i volti nei profili degli utenti, coccarde in segno di lutto appuntate sulle immagini più disparate, primi piani di occhi che piangono, rivendicazioni di una nazionalità acquisita sul campo: “siamo tutti il Belgio!” (questa volta però i più hanno indicato la nazione e non i suoi abitanti, vista forse la difficoltà del plurale).

Sembrerebbe vera solidarietà (e probabilmente in molti casi lo è) se non fosse poi che radio, tv, giornali, gente comune se ne escono con la fatidica frase “fortunatamente non ci sono Iitaliani tra le vittime”. Ma mi spiegate cosa diavolo centra??? Cosa vuol dire: siamo forse più importanti degli altri?

Concludo con un appello alle pari opportunità rivolto a quei giornalisti (radio, video e di carta stampata) che omettono sempre di citare la nazionalità dei pirati della strada italiani. Perché penalizzarli? Perché discriminarli? Perché non offrire loro lo stesso momento di gloria che viene garantito agli stranieri, extra comunitari e non, ogni qualvolta salgono in macchina ubriachi, drogati, senza patente ma con licenza di uccidere? Allora ditelo: siamo tutti uguali, ma c’è sempre qualcuno più uguale degli altri!!!

RUBRICA: “Quello che non si vuol vedere”

Quando si è i primi…ma non gli unici

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Quando si è i primi…ma non gli unici

Inutile negarlo: sono tantissime le persone che vivono situazioni affettive complicate.  Prima di arrivare alla separazione spesso passano degli anni e, nel frattempo, si mantengono i rapporti sia con l’attuale coniuge che con la persona con cui ci si è legati. Non è facile per nessuno affrontare queste problematiche: né per chi viene lasciato, né per chi  lascia, né per chi sta accanto ad un compagno non ancora del tutto libero.

E’ proprio in questi casi che risulta ancora totalmente assente un supporto formativo di tipo     emotivo-relazionale che aiuti a superare le difficoltà alla nuova coppia che si sta creando.

Mentre a coniugi, fidanzati, conviventi è logico suggerire di affrontare la crisi rivolgendosi ad uno specialista (consulente matrimoniale, psicoterapeuta, psicologo, consultorio, ecc.), si ha ancora pudore, o paura di sconfinare nell’immoralità, se ci si preoccupa di salvaguardare il benessere di coppie non ufficiali. Spesso ci si limita a osservare, giudicare e, perché no, condannare. Oppure si fa finta di non conoscere il problema, uno di quelli che solitamente capita agli altri, ma a noi…a noi no, non potrebbe mai succedere. Ecco allora che, inconsciamente, preferiamo non vedere, non sapere, non affrontare. Del resto…come si fa ad affrontare con empatia il problema di chi fa qualcosa che non dovrebbe? Già, la sospensione del giudizio, purtroppo, è una pratica ancora troppo poco diffusa nella nostra società.

Pongo l’attenzione su questo particolare problema, non certo per sdoganare il concetto di tradimento o per incentivare lo sfascio delle coppie, ma per onestà intellettuale e professionale.

Le persone che si trovano a vivere situazioni di questo tipo, infatti, non sono affatto poche ed è corretto prendere atto anche di questi spaccati di vita, senza girare lo sguardo dall’altra parte. Quanti si trovano a dover gestire per periodi medio-lunghi situazioni di menage a tre, per i più svariati motivi. Trovandosi però dalla così detta parte sbagliata, accettano di dover pagare lo scotto dello star male, della sofferenza, forse per espiare la colpa che il giudizio di tutti – a volte in primis anche la loro stessa autocensura – fa provare con insistenza. Un disagio molto più diffuso di quanto si creda, al quale nella maggior parte dei casi non si da voce: il Natale da soli a casa, le vacanze separati, il compleanno festeggiato la settimana dopo, il senso di colpa nei confronti della persona con cui si vive, che non ami più ma non odi e, contemporaneamente, lo stesso senso di inadeguatezza  verso chi ami e non puoi ancora vivere.  I silenzi in casa, ma anche quelli di quando esci con il nuovo partner, lo stress delle bugie, lo sforzo per non dire quello che hai dentro, altrimenti si litiga, e non ha senso litigare quando le ore per stare insieme sono così poche. La forza per non discutere quando si rientra a casa e si evitano sguardi e domande. Poi il mal di testa, il mal di stomaco, la depressione, il non uscire più con gli amici, il nervosismo immotivato con i figli, il calo di rendimento sul lavoro.

Essere “l’altro” vuol dire anche tutto questo e ciò accade inevitabilmente quando si è i primi nel cuore di qualcuno, ma non si è gli unici.

A volte si crolla e si sceglie di rinunciare alla nuova relazione, ma il rimedio è forse peggiore del danno: da un lato, non è l’incapacità a reggere la situazione la motivazione giusta per rientrare in famiglia o per lasciare il partner già impegnato e, nello stesso tempo, non è nemmeno giusto iniziare con dei non detti o con dei rancori una nuova storia, che, anche quando le cose saranno risolte, vanterà sempre dei buchi neri che torneranno prepotenti alla prima lite.

E’ per tutto ciò che ritengo utile, in qualunque tipo di circostanza e per qualsiasi tipo di problema, possedere le competenze emotive necessarie per affrontare le criticità.  Sarà poi il nostro libero arbitrio a farci decidere come usarle.

Gli strumenti che ci servono per la sopravvivenza quotidiana sono quelle risorse che possediamo senza saperlo, senza nemmeno averle mai sperimentate: sono le nostre armi personali, armi che non tolgono la vita, ma che al contrario ce la migliorano, perché consentono di viverla con piena consapevolezza, forza e determinazione.

  • Capire cosa si vuole veramente
  • Mantenere alta la propria autostima
  • Affrontare i sensi di colpa
  • Non annullarsi nell’altro ma relazionarsi
  • Comunicare in modo non violento

L’obiettivo dell’essere umano è sempre e comunque il proprio ben-essere e questo non può basarsi su compromessi con sé stessi, su condizionamenti o forzature. La conoscenza delle proprie emozioni e la capacità di gestirle sono ciò che fa la differenza.

 

 

E’ uscito “Il cannibalismo dei ruoli”!!!!

Le riflessioni di un Formatore Emotivo-Relazionale

Il cannibalismo dei ruoli

Il cannibalismo dei ruoli

Pagine: 157
Formato: 140x205mm
Genere: Cultura e Società    Collana: TiPubblica
Anno: 2016
ISBN: 978-88-488-1831-5
Lingua: ITALIANO
Tags: ruolo, emozioni, formazione, relazioni
Disponibile ora
 € 14,00

Quello dei “ruoli” è da sempre un tema particolarmente avvincente e intrigante. Questo libro ci aiuta a indagare sulle motivazioni che spingono persone qualsiasi, nella vita di tutti i giorni, a impersonare ruoli che non appartengono loro, falsando così il naturale svolgersi della vita di relazione. Attraverso l’esame di cinque casi concreti trattati nella sua esperienza di Formatore Emotivo-Relazionale, l’autrice introduce il lettore nel mondo delle emozioni, facendolo partecipare alle sedute formative come uno spettatore invisibile, al quale svela le sue personali riflessioni e suggerisce spunti di ragionamento. “Il cannibalismo dei ruoli”, a metà tra il saggio e il manuale, fornisce strumenti pratici per impostare percorsi formativi, orientati allo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva.

  • Sull’Autore

Cristiana Clementi: esperto in Processi di Formazione e Formatore Emotivo-Relazionale.

Laureata in psicologia sociale, presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Trieste. Da più di vent’anni progettista e docente in corsi di formazione e comunicazione per le aziende, si è specializzata nella formazione della sfera emotivo-relazionale individuale, realizzando percorsi personalizzati per lo sviluppo e il potenziamento dell’intelligenza emotiva. Tiene corsi sulla gestione delle emozioni e laboratori di gruppo, rivolti anche ai più piccoli. Ha pubblicato articoli e box specialistici in libri e riviste nel settore formazione, neuromarketing e comunicazione. Vive e svolge la sua attività privata a Cassinetta di Lugagnano, dove è anche l’ideatrice dello Sportello di Ascolto e Formazione per i cittadini.

E’possibile ordinare il libro in tutta Italia
Come ordinare:
- nelle 4.000 librerie aderenti al circuito Messaggerie Libri (come ad esempio La Feltrinelli, Giunti, Ubik, Mondadori, Rizzoli, Libraccio, Hoepli, Gruppo Arion di Roma ecc.).
- sui principali siti di vendita di libri on-line (ibs.it, amazon.it, deastore.com, hoepli.it, lafeltrinelli.it, libreriauniversitaria.it, unilibro.it, webster.it, ecc.)
- e sulla vetrina del sito lampidistampa.it 
 

CATALOGO PERCORSI FORMATIVI

Corsi, Seminari e Laboratori di prossima realizzazione

  Teatro5           Vanno in scena…le EMOZIONI!

OFFERTA FORMATIVA 2016

      AREA : CRESCITA PERSONALE

            1. CORSO:

              “S.O.S. EMOZIONI”

 corso in 3 livelli di 2 giornate ciascuno*

  • Corso base (2gg- orario 9-18)
  • Corso Avanzato (2gg- orario 9-18)
  • Laboratori esperienziali (2gg- orario 9-18)

*in questo modulo i livelli sono collegati e prevedono la frequenza ai corsi in successione. Un weekend ogni mese x 3 mesi

Costo complessivo per le 6 giornate € 300,00 + IVA

               2. CORSO: 

“CONOSCERE, SVILUPPARE E APPLICARE L’INTELLIGENZA EMOTIVA”

  • intelligenza emotiva: cos’è, a cosa ci serve.
  • mollare la presa
  • affermarsi e dire di no
  • senso di colpa: un limite o un’opportunità?
  • le nostre relazioni: come nascono, come viverle, come migliorarle
  • gestione dei conflitti interpersonali: ascolto attivo, empatia, comunicazione non violenta

Durata: 1 giornata

orario: 9.30-13 / 14.30-18.00

Costo € 150,00 + IVA

 

3. SEMINARIO:

“LA NOSTRA CASSETTA DEGLI ATTREZZI…EMOZIONALE”

Durata:  1 giornata

orario:   10.00-13.00 / 14.00-17.00

Costo € 100,00 + IVA

 

                4.    SEMINARIO:

                  “IMPARARE A MOLLARE LA PRESA E ADIRE DEI NO”                 

Durata:  1 giornata

orario:   10.00-13.00 / 14.00-17.00

Costo € 100,00 + IVA

 

                5. SEMINARIO:

              “RELAZIONI: ISTRUZIONI PER L’USO”

 Durata:  1 giornata

orario:   10.00-13.00 / 14.00-17.00

Costo € 100,00 + IVA

 

                   6. SEMINARIO:

                     “LA RABBIA E LA VERGOGNA”

 Durata:  1 giornata

orario:   10.00-13.00 / 14.00-17.00

Costo € 100,00 + IVA

AREA : LAVORO

              1. CORSO

             “ASPETTI EMOTIVI ED ELEMENTI PSICOLOGICI

           DELLA NEGOZIAZIONE”

Durata:  2 giornate ( 1° giornata: teoria – 2° giornata: esperienze d’aula)

orario:   10.00-13.00 / 14.00-17.00

Costo € 200,00 + IVA

 

                 2. SEMINARIO:

                    “LAVORARE CON INTELLIGENZA EMOTIVA

Durata: 1 giornata

orario: 10.00-13.00 / 14.00-17.00

Costo € 100,00 + IVA

 

AREA : COMUNICAZIONE

                     1. CORSO:

“LA COMUNICAZIONE PERSONALE E NEL MONDO DEL LAVORO” 

Durata: 2 giornate

1° giornata:

LA COMUNICAZIONE PERSONALE

  • LA COMUNICAZIONE PERSONALE
  • COMUNICAZIONE NON VIOLENTA
  • ASCOLTO ATTIVO
  • CENNI DI PNL: MECCANISMI E STRATEGIE DEL CERVELLO

orario: 9.00-13.00/ 14.30-17.30

2° giornata:

LA COMUNICAZIONE NEL MONDO DEL LAVORO

  • LA COMUNICAZIONE NEL MONDO DEL LAVORO
  • PROFESSIONALITA’ IN AMBITO: GESTIONE PUBBLICI ESERCIZI/ SETTORE VENDITE
  • LA RELAZIONE CON IL CLIENTE:
  • Mkt Relazionale
  • Cenni Di Nmkt
  • Capire l’interlocutore per ottimizzare la relazione
  • La diffusione virale delle idee

orario : (9.00-13.00/ 14.30-17.30)

Costo complessivo: € 200,00 + IVA

NB. I due corsi si tengono, su richiesta, anche in moduli separati, di 1 giornata trattando il singolo tema.

 

AREA : COPPIA

   1. CORSO:

“LE EMOZIONI NELLA COPPIA” 

 Durata; 2 giornate

orario:   9.30-12.30/ 14.00-17.00

Costo € 200,00 + IVA

N.B. Si possono realizzare anche  percorsi individuali per singole coppie

 

AREA : FAMIGLIA

     1. SEMINARIO:

“GENITORI & FIGLI: I RUOLI E LE REGOLE…PER DARE LE REGOLE!”

 Durata:  ½ giornata

orario:  9.30-12.30

Costo: € 50,00+IVA

 

 

Per ulteriori informazioni sui corsi o per conoscere le date, la sede di svolgimento e le modalità di iscrizione, utilizzare la voce Contattami sul presente sito.

Per richieste di formazione personalizzata o per interventi formativi in azienda, accedere alla sezione Contattami ed indicare un riferimento telefonico per essere richiamati.

Formazione e MKT turistico

I ragazzi promuovono il territorio attraverso una Guida Emozionale

 

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Sì, proprio una bella sfida per un formatore emotivo-relazionale: rendere consapevoli i ragazzi  delle emozioni che il territorio suscita in loro e farli entrare in possesso delle competenze relazionali necessarie per  comunicarle ad un turista curioso.

A Premilcuore, piccolo paesino in provincia di Forlì, al confine tra Romagna e Toscana, un’Amministrazione lungimirante ha scelto di affidare a formatori ed esperti di marketing digitale il lancio del territorio a livello locale, nazionale ed internazionale.

Questo progetto, studiato e realizzato insieme ai miei due colleghi Paolo Poponessi, formatore, scrittore e giornalista, e Massimo Giordani, uno dei massimi esperti italiani di Strategie Digitali, vicepresidente di AISM e responsabile del Dipartimento di MKT Turistico, ci vedrà impegnati per i primi sei mesi del 2016.

Lo stimolo maggiore che mi deriva da questo incarico è proprio il confronto con i ragazzi: i bambini di quarta e quinta elementare e i ragazzi delle tre medie si troveranno coinvolti in una vera e propria attività di marketing, per invogliare i turisti a visitare Premilcuore. La consegna che ho dato loro fin dal primo incontro è stata quella di “osare”: non dovranno rimanere ingabbiati nei vecchi schemi delle guide turistiche tradizionali, ma interrogarsi sulle emozioni che il territorio suscita in loro, farle emergere e cercare di comunicarle a chi, in virtù della curiosità suscitata e dell’empatia provata, potrà diventare il turista perfetto.

“Valorizzare e comunicare” sono le parole chiave che danno il titolo al progetto, ma come ha suggerito qualcuno, potremmo tranquillamente dire: “Valorizzare è comunicare”

A giugno, per la presentazione dei lavori!

 

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La paura del cambiamento

Gli errori da non commettere

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Ogni cambiamento ci consente di crescere: una verità facilmente condivisibile, ma non sempre altrettanto facile da comprendere, quando si parla di noi.

E’ normale che il cambiamento faccia paura, perché mette di fronte a nuove responsabilità e a nuove scelte, del cui esito non si può essere certi. Ma ciò non deve essere sufficiente a paralizzarci e a relegarci all’interno di schemi mentali già sperimentati, impedendoci di adottare comportamenti personali più in linea con le esigenze del mercato e dei tempi.

Spesso l’imprenditore moderno, nonostante o a causa, del periodo di crisi che incalza ormai da qualche anno, si rintana in aree di confort mentale che lo portano ad accettare, quasi con serena rassegnazione, perdite di fatturato che possono arrivare anche al 30-40%, pur di non rimettersi in gioco e osare affrontare situazioni nuove in modo diverso.

L’incertezza del risultato che si otterrebbe osando applicare strategie innovative, o semplicemente nuove, fa sì che di fronte all’opportunità di modificare qualcosa di sé per trasformare la propria vita o la propria attività, ci si lasci sfuggire l’occasione, senza nemmeno capirne il motivo.

Abitudini e tradizione, se da un lato tranquillizzano e rassicurano, dall’altro rappresentano, senza ombra di dubbio, i maggiori ostacoli al cambiamento e all’entusiasmo. La situazione paradossale che si viene a creare nella mente dell’imprenditore, dibattuto tra paura e volontà di trasformazione, è quella di chi, rendendosi conto razionalmente della necessità di rimboccarsi le maniche e tentare la strada del rinnovamento, ne è a tal punto spaventato da giustificare inconsciamente il suo immobilismo con il senso di quiete e sicurezza che gli deriva dal riproporre protocolli e paradigmi già così consolidati, che non ha senso metterli in discussione.

Nel far ciò, si tralascia però un aspetto molto importante: il malessere interiore che affiorerà ogniqualvolta sorgerà il dubbio, o nascerà il rimpianto, di aver forse sprecato un’occasione di crescita, miglioramento e cambiamento, non sarà alla lunga garanzia della tanto anelata tranquillità, ma al contrario inciderà fortemente su autostima e motivazione, generando ulteriori ostacoli alla capacità di reagire. La condizione di paralisi (freezing) intellettuale, intuitiva e creativa che si viene così a determinare, inibisce quella naturale propensione verso il nuovo, che dovrebbe connotare la figura dell’imprenditore al passo con i tempi.

Analizziamo quindi cosa può accadere nell’inconscio del nostro imprenditore, quando si trova davanti all’ipotesi di un cambiamento strutturale ed è chiamato ad una scelta. La tensione emotiva in questi casi sale naturalmente e, se non gestita, può arrivare al punto di far individuare nella rinuncia l’unica soluzione possibile. Questo avviene perché il nostro cervello mette in atto quelle che vengono chiamate le “strategie di resistenza al cambiamento”, una sorta di autogiustificazione al non agire, che ci illude di trovare rifugio solo nelle condizioni già conosciute e ci impedisce di orientarci al cambiamento.

Vediamo di seguito quali sono le strategie di resistenza più diffuse.

  1. RISTRETTEZZA DELLA SCELTA: molte persone, poste di fronte alla possibilità dell’alternativa, si rifugiano in un aut-aut, non contemplando l’arricchimento offerto dalla nuova esperienza, ma limitandosi a considerare l’ipotesi di una perdita. Es: “Ma se compro una nuova apparecchiatura, che mi garantisce una resa maggiore e un risparmio di tempo e prodotto, e poi non ho lavoro?”
  2. SEMPLIFICAZIONE AL NEGATIVO: si verifica quando si cerca anche solo il minimo appiglio per confermare le proprie teorie implicite, sugli altri o sulla situazione. Es: “Stai attento a quel fornitore/cliente: chi ti racconta certe cose è poco affidabile.” L’evento che si riporta però, non è oggettivo, ma frutto dei propri schemi di interpretazione.
  3. RASSEGNAZIONE: è la strategia maggiormente applicata nei momenti di crisi. Si sviluppa quando la persona tenta di giustificare la propria passività innanzi alla possibilità di cambiamento, attribuendo alle contingenze esterne il carattere di una insuperabile difficoltà. Es: “Tanto non cambierà nulla, noi non abbiamo alcun potere.”
  4. PROFEZIA CHE SI AUTO-AVVERA: è praticamente una conseguenza della strategia precedente. Si ipotizza uno scenario catastrofico o, nel migliore dei casi, che conserva comunque la situazione attuale, e quindi rende del tutto inutile l’ipotesi del cambiamento. Es: “Tanto se anche cambierà qualcosa sarà per poco, poi succederà qualcos’altro che farà ricapitolare tutto.”
  5. RIDUZIONE DI POSITIVITA’: consiste in una forma irriducibile di negazione e ostruzione alla novità. Anche di fronte all’evidenza o alla prospettiva di un possibile cambiamento il soggetto, che è terrorizzato dal fatto di doversi rimettere in discussione, potrebbe facilmente minimizzare le conquiste positive che possono rendere migliore l’esistenza. Es: “Si, d’accordo, otterrò anche un miglioramento… ma sarà come aver tolto una goccia dal mare”.
  6. CONGELAMENTO DELLE PROPRIE CONVINZIONI (ERRATE): ci si fossilizza sulle proprie convinzioni, senza nessuna concessione a mediarle, anche di fronte a palesi cambiamenti di natura storica e culturale. Es: “Io la penso così e basta. Rimango inamovibile sulle mie posizioni”
  7. FATALISMO: è la classica visione rinunciataria delle persone con una bassa autostima. Strategia di resistenza tipica di chi pensa di essere in balìa del destino e nega a sé stesso e agli altri qualunque facoltà di modificare la realtà. Es: “Se dovrà succedere (nel bene o nel male) vuol dire che era destino …io non posso farci niente”.
  8. FIDEISMO SUL PROPRIO INTUITO: spesso abusato da quelle persone che sentono di non sbagliare mai le loro previsioni (in genere quasi sempre catastrofiche) Es: “Lo sento quando non andrà bene, ed io non mi sbaglio mai in queste circostanze.”
  9. RIMPIANTO AL POSITIVO: è quello delle persone che invece ritengono migliore il loro tempo storico ed emettono dure critiche alle circostanze contestuali di una modernità con la quale non sentono di essere in sintonia.
ES. “Una volta si faceva così ed è sempre andato bene. Non sarà certo adesso che inizierò a cambiare, con le nuove tecnologie…”
  10. RIMPIANTO RETRODATATO: è anch’esso caratteristico delle persone con poca consapevolezza di sé, bassa autostima e poca fiducia nelle proprie capacità. Il loro atteggiamento abituale, in presenza di una decisione da prendere o una scelta da fare, è quello di richiamare le occasioni lasciate e i treni perduti. Senso di non autoefficacia, rimorsi, colpe, incapacità a mollare la presa, impediscono loro un percorso di crescita personale e di cambiamento, facendo riemergere soltanto ferite e ricordi di esperienze negative. Sono coloro che cominciano spesso le frasi con “Se a quel tempo avessi…”, e si piangono sopra con un bel “Ormai ho sbagliato e non posso più ritornare indietro”.

Ora che siamo consapevoli delle trappole mentali in cui possiamo inconsciamente cadere, proviamo a fare una riflessione: meglio lasciar andare l’azienda verso una lenta agonia, accontentandoci di quello che possiamo ancora raccogliere, o modellare il business accogliendo l’idea che il cambiamento è parte integrante della nostra attività?

 

LA PROFEZIA CHE SI AUTOAVVERA

 

 

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Può sembrare il titolo di un romanzo di Harry Potter, ma in realtà, questa non è altro che la definizione di un processo messo in atto dal nostro cervello. In Psicologia infatti, una profezia che si auto-adempie si ha quando un individuo, convinto o timoroso del verificarsi di eventi futuri, altera il suo comportamento in modo tale, da finire per causare proprio il verificarsi degli eventi temuti.

Fatta questa premessa, proseguiamo con l’analisi della figura dell’imprenditore moderno, alle prese con l’esigenza di imparare ad affrontare sì crisi e problematiche, ma anche innovazioni, nuovi mercati, nuove tecnologie, e nuove strategie di marketing.

In questo periodo storico e in questo panorama sociale e lavorativo, spesso ciò che domina è la paura. Ma una cosa è sicura: quando ci si trova a pensare in modo ricorrente che “la situazione generale è difficile”, che “i mercati sono in crisi”, che “mancano le risorse e le opportunità”, che “tanto ormai abbiamo già detto e fatto tutto ciò che si poteva fare”…ebbene, davanti a noi si alza un muro.

Non c’è nulla di più pericoloso di un atteggiamento come questo, che ci fa cadere preda della rassegnazione e della paura di agire, che ci paralizza per il timore di dire o di fare cose sbagliate, ci blocca per la prospettiva del fallimento. Lo stato d’animo di chi si trova in questa condizione può essere definito in tre parole: mancanza di motivazione.

Eppure, siamo sicuri che sia proprio la situazione oggettivamente difficile a impedirci di reagire? Che sia una reale impossibilità di prendere una qualsivoglia iniziativa a bloccare la nostra creatività?

La risposta è: assolutamente no.

L’oggettiva presenza di un ostacolo, non è sufficiente ad impedire la sua risoluzione se, in chi deve attivarsi, è presente la giusta motivazione ad agire, la dovuta fiducia in sé stesso e nella possibilità di raggiungere il risultato e centrare l’obiettivo prefissato.

Le vere difficoltà sono dentro di noi.

Vi siete mai chiesti se, all’inizio della vostra carriera di imprenditori, quando avete scelto di iniziare questa sfida, le cose fossero realmente tutte rose e fiori? Non c’erano forse incognite, imprevisti, dubbi e perplessità da risolvere, magari perché arrivavate da esperienze pregresse in altri settori, o passavate da un lavoro dipendente ad uno in autonomia? Eppure, tutto ciò rappresentava uno stimolo, non un ostacolo, e se siete riusciti a proseguire è stato proprio perché la determinazione e la fiducia in voi stessi vi hanno consentito di far avverare la profezia in cui credevate, che vi vedeva vincenti. Al contrario, focalizzare l’attenzione sulle difficoltà, convincersi dell’esito negativo delle proprie iniziative o, ancor peggio, convincersi della loro inutilità, non farà altro che determinare un immobilismo con alto rischio di fallimento, quello che, se ci aveste creduto, non si sarebbe mai verificato.

Quando ci aggrappiamo a spiegazioni troppo generalizzate, per giustificare ad esempio un momento di difficoltà lavorativa, proviamo a riflettere: siamo proprio sicuri che il vivere in una realtà più semplice, ci darebbe quella spinta in più, che nell’attuale momento storico non troviamo? Non è che forse troveremmo altre scuse per evitare di scavalcare quel muro di rassegnazione che ci siamo costruiti?
Sono quasi certa che le scuse le troveremmo comunque, e anche numerose…

L’Intelligenza Emotiva è quella parte della nostra intelligenza che ci consente di lavorare su noi stessi, proprio per evitare di cadere in queste trappole psicologiche. Capire ed individuare i nostri talenti ed i nostri punti di forza, conoscere al meglio noi stessi, ci permette di avere la giusta motivazione “al fare”, la sufficiente autostima per accogliere anche l’ipotesi di portare a casa qualche insuccesso, senza che questo vada a minare l’opinione su noi stessi e la nostra ambizione (condizioni indispensabili per la autoaffermazione). Se riusciremo a interiorizzare il concetto che il nostro talento va sempre e comunque espresso, riusciremo a non fermarci davanti alle difficoltà, a non farci scoraggiare, a “provarci” sempre e comunque, a non restare impigliati nei luoghi comuni persino delle notizie che quotidianamente ci vengono trasmesse dai media. Mettiamoci alla prova, sperimentando anche la minima idea o pensiero che ci balena in testa, senza paura, senza condizionamenti e, soprattutto, senza permettere a presunte condizioni esterne di influenzare le nostre potenzialità lavorative. Rafforziamo con adeguati percorsi la nostra abilità emotiva, sviluppiamo il senso critico che è in noi e soprattutto ricordiamoci che dal nostro modo di considerare i problemi dipenderà la loro risoluzione.  Come diceva Henry Ford: “Che tu creda di farcela o no…avrai sempre ragione!”.

E questa non è altro che la profezia che si auto-avvera.

Perché ciò che è più pericoloso non sempre fa paura?

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Come può accadere che un soggetto normalmente responsabile, accetti talvolta di correre un rischio elevato sul posto di lavoro? In moltissime situazioni della vita quotidiana, un individuo non metterebbe mai in atto un comportamento che fosse altamente rischioso per la sua incolumità personale, ma questa necessità di auto-protezione non è sempre percepita allo stesso modo da parte di chi si mette al lavoro.

Ciò avviene perché nell’individuo convivono due forme di pensiero: quello controllato e quello automatico. Applicando il primo, l’individuo pensa in modo razionale e consapevole. Mettendo in atto il secondo invece, l’individuo usa tutta quella parte del pensiero che sfugge al suo controllo e adotta delle decisioni automatiche, ragionando in modo inconsapevole. Il rischio che si corre in questo caso è quello di cadere in distorsioni che non ci permettono, ad esempio, di avere una corretta percezione del rischi. file://localhost/Users/cristiana/Desktop/gas%20auto.jpeg

Un esempio riferito ad uno  specifico campo di interesse, il settore verniciatura, è quello che si verifica davanti ai c.d. eventi invisibili, quelli che ci raffiguriamo con maggiore difficoltà, perché non sono di facile rappresentazione. Nella vita quotidiana, l’esempio più calzante è quello della difficoltà a percepire i danni derivanti dal fumo. Nel campo della verniciatura, si pensi invece alla pericolosità di solventi e diluenti, di pigmenti coloranti, di additivi di vario genere, tutti con elevate proprietà tossiche, i cui effetti però, in quanto non immediatamente e concretamente visibili, vengono percepiti con maggiore difficoltà e, di conseguenza, sono meno temuti.

E’ in casi come questo che una pericolosa sottovalutazione del rischio, può aumentare la probabilità che l’evento dannoso si verifichi.

Mettiamo “in gioco” le emozioni!

Laboratori estivi per lo sviluppo dell'Intelligenza Emotiva nei bambini

 

Prenderanno il via a settembre, a Cassinetta di Lugagnano (MI), due laboratori interattivi dedicati ai bambini tra i 6 e gli 8 anni e tra i 9 e i 12 anni.

Emozioni                                                               Ogni corso prevede 2 giornate di laboratorio interattivo, dalle 9.00 alle 12.00, all’interno del quale, sotto forma di gioco, verrà affrontato il tema delle Emozioni.

L’obiettivo è quello di rendere consapevoli i bambini delle emozioni che provano, insegnar loro a gestirle correttamente e influenzare positivamente la loro autostima, sviluppando le loro abilità di creare relazioni non conflittuali.

Per informazioni e iscrizioni, contattatemi pure attraverso il sito (rubrica Contattami) oppure via mail: clementi.cristiana@gmail.com