Inizia il nuovo anno con il piede giusto!

Trovare il coraggio di affrontare i problemi fa acquistare fiducia in se stessi

Primo piano mio mareCORSI PRIVATI DI FORMAZIONE EMOTIVO

Aspettarci grandi cambiamenti dall’Anno Nuovo, solo perchè modifichiamo il numeretto finale nella data,  in fondo è una falsa aspettativa, lo sappiamo tutti. A meno che non decidiamo di investire in fiducia su noi stessi: come fanno a modificarsi le cose se noi per primi rimaniamo semplici spettatori della nostra vita? Limitarci ad osservare,  prendere atto, fotografare le innumerevoli cose che non vanno, i problemi, le difficoltà, i difetti altrui e la nostra incapacità a reggerli o a modificarli, senza però agire, non fa che alimetare la sfiducia, la rassegnazione, la poca motivazione e automaticamente contribuisce a far crollare la nostra autostima.

I percorsi di sviluppo dell’Intelligenza Emotiva che propongo attraverso le sedute di formazione individuale, servono esattamete a questo: imparare a conoscere e gestire le proprie emozioni, scoprire le risorse di cui siamo già in possesso e abituarci a usarle nel modo giusto e al momento opportuno, a rafforzare le nostre abilità comunicative e relazionali, finalizzando i rapporti con gli altri al consolidamento del nostro benessere, non permettendo – come spesso purtroppo avviene – che la vita di relazione si trasformi nel primo dei nostri problemi.

Gli incontri consentono di ottenere:

-consapevolezza approfondita dei propri meccanismi di reazione emotiva

- capacità di assumersi la responsabilità di ciò che si prova

- abilità nel trovare la modalità più idonea per noi per agire e affrontare i problemi che riteniamo tali.

Il percorso formativo, attraverso sedute individuali, basate sulle specifiche esigenze e richieste di ciascuno, ha come obiettivo fornire:

- le nozioni teoriche indispensabili per comprendere i meccanismi mediante i quali il cervello agisce

-  gli strumenti per conoscere, riconoscere e gestire le  emozioni nostre e quelle altrui

- le abilità necessarie a relazionarci nel modo corretto, senza prevaricare o essere prevaricati

- la competenza nell’affrontare, risolvere o prevenire conflitti, interiori o relazionali.

Il numero di sedute viene concordato insieme al cliente, calcolandolo in in funzione dei bisogni che emergono in fase di colloquio preliminare e impostando così il percorso sulla base degli obiettivi personali. Trattandosi infatti di un lavoro di “formazione”, e non di psicoterapia, è molto importante la dinamica interattiva che si instaura tra cliente e formatore, ma soprattutto è necessaria ed indispensabile la piena volontà e partecipazione a livello motivazionale della persona in formazione.

Per chi fosse residente in Sicilia, il mio studio si trova ad Avola. *

Attualmente è possibile effettuare percorsi formativi personalizzati e individuali anche in Lombardia e Veneto, in periodi prefissati.

*Per particolari esigenze, o in caso di incontri che coinvolgano più persone del medesimo nucleo familiare e/o lavorativo, è possibile effettuare il percorso formativo anche a domicilio del richiedente, previo accordi.

 

PROMOZIONE

 “INIZIA IL NUOVO ANNO CON IL PIEDE GIUSTO”

valida per tutto gennaio 2019

SOLO PER AVOLA:

COLLOQUIO CONOSCITIVO DI 1h

+

3 SEDUTE FORMATIVE DI 2h CIASCUNA

€150

per INFO e appuntamenti:

M. +39 320 4095710

mail: clementi.cristiana@gmail.com

tramite sito alla voce contatti

 

“Il cannibalismo dei ruoli” sbarca ad Avola!

Presentato il libro nell'ambito del convegno: "L'importanza dei ruoli nella società del Terzo Millennio"

 

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Bellissima occasione di confronto con validissimi colleghi su un tema cruciale e di grande attualita': l’importanza dei ruoli nella nostra società.
Un grazie per il rilievo dato al mio libro “Il cannibalismo dei ruoli” all’assessore Caldararo, al dott. Giuseppe Cascio, al prof. Francesco Pira, al dott. Portuesi e al prof. Scaglione.

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L’affluenza e l’attenzione del pubblico intervenuto alla presentazione mi hanno confermato, ancora una volta, che parlare di questi argomenti non solo è utile, ma doveroso. L’unica strategia per affrontare le problematiche che caratterizzano questo periodo storico e affliggono famiglie, giovani, scuola, donne, è fare formazione, creare consapevolezza, stimolare senso critico, rafforzare motivazione e resilienza. A cominciare dai più piccoli.  E’ in quest’ottica che sto preparando un interessante progetto che mira a modificare l’approccio alle emozioni anche nella scuola. Il mio appello e': non arrendiamoci ora, avanti tutta! 46513530_972660742919582_8714157785073319936_n46525419_972660719586251_4372229278004150272_n

Caffè ed Emozioni

Articolo pubblicato sul Blog di Caffè Milani

coffee-2242247_1920          “Caffè… l’aroma delle emozioni”

Chi pensa che il caffè sia semplicemente una bevanda, è decisamente fuori strada. Esattamente come cadono in errore coloro i quali pensano che le emozioni non abbiano colore, sapore, profumo. Il nostro cervello, infatti, è fortemente sensibile a tutti gli stimoli sensoriali che provengono dall’esterno e riesce a trasformare un input visivo, olfattivo o uditivo in un’emozione. Dall’emozione allo stato d’animo poi, il passo è breve ed ecco perché un semplice gesto come quello di percepire e annusare il profumo che emana da una tazzina di caffè appena versato, innesca in noi un meccanismo di piacere, che va a soddisfare svariate esigenze. Quello del caffè è da sempre un vero e proprio rito che pratichiamo in modo funzionale alla ricerca del nostro benessere, ognuno in base al bisogno che avverte: un caffè per svegliarci, un caffè per rilassarci in un attimo di pausa, un caffè per ripagarci dello stress accumulato durante la giornata, un caffè per trovare la giusta concentrazione o per gratificarci al termine di un lavoro. Ma non solo. Un aspetto molto importante a livello emotivo-relazionale è l’opportunità di socializzazione che viene fornita dal condividere con altri la degustazione di un buon caffè. Si pensi all’ambito lavorativo, alla classica macchinetta del caffè in azienda, davanti alla quale avvengono scambi di opinioni, si perfezionano strategie d’impresa, si confidano segreti, nascono alleanze o ci si lascia andare a confidenze con i colleghi (ne è nata persino una fiction televisiva!). Mi riferisco anche ai “caffè letterari”, che ancora esistono in molte città d’Europa o nell’Italia di origine mitteleuropea o al “caffè filosofico” che viene organizzato la domenica nei bar di Parigi per fornire l’occasione a quanti lo desiderano di scambiare opinioni su temi che altrove non vengono trattati. Il caffè dunque parla di noi: delle nostre abitudini, della nostra vita, delle esigenze che abbiamo, della nostra cultura, delle emozioni che proviamo. Possiamo imparare tanto della nostra società e scoprire anche qualcosa di noi che forse non conosciamo, se ci soffermiamo a riflettere sul senso che hanno i gesti e sul valore che attribuiamo alla ritualità di certe abitudini.

Basta saper guardare dentro la tazzina per scoprire il mondo che è in noi e assaporare anche…l’aroma delle emozioni.

 

Cristiana Clementi

Formatore Emotivo Relazionale

 

Terremotati versus Immigrati. A chi giova?

 

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Generalmente non mi occupo di politica, ma in questi giorni non posso fare a meno di riflettere su quanto vedo, sento e leggo su media e social. La riflessione che faccio non è infatti di natura politica, ma è strettamente attinente alla mia professione o meglio riguarda i destinatari diretti della mia professione: le persone.

Mi infonde una immensa tristezza vedere come la storia non ci abbia insegnato nulla. Vico, Bloch, gli antichi Romani….niente. Possibile non ci si renda conto che il “divide et impera” di latina memoria è ancora perfettamente in auge? Davvero non ci rendiamo conto che ci stanno aizzando gli uni contro gli altri spingendoci a partecipare ad una assurda lotta tra poveri con la conseguenza di creare fazioni opposte e scatenate a sostegno chi degli uni, chi degli altri, senza tener conto che siamo tutti vittime di uno stesso dramma? Che senso ha stilare delle graduatorie tra chi va aiutato prima, prendersela perchè viene aiutato un terremotato anzichè un altro o un immigrato al posto di un terremotato? La cattiva gestione della politica e della cosa pubblica ci porta ad azzannarci tra noi, per concedere a chi ci ha portati in queste situazioni di criticità, trasversalmente e a livello mondiale, di continuare a compiere lo scempio che ha  sinora provocato. La strategia dell’odio, della diffidenza, del cinismo, ci stanno facendo perdere di vista la centralità dell’essere umano e l’importanza dell’essere umani.

E tutto ciò a vantaggio di chi? Non certo dell’Uomo in quanto tale. Come direbbe per l’appunto Gian battista Vico,  << il senso della storia è nella storia e, nello stesso tempo, fuori di essa: gli effetti delle azioni vanno sempre oltre l’intenzionalità specifica degli uomini; l’uomo fa più di quanto sa e spesso non sa quello che fa.>>

 

Le mie collaborazioni con la prof.ssa Maria Rita Parsi

Iniziative, convegni e tanta progettualità.....

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La sindrome di Erostrato

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Assistendo a programmi demenziali come quello trasmesso sabato, in prima serata, dalla rete ammiraglia di Mediaset, viene spontaneo chiedersi: cosa spinge persone che non appartengono al mondo dello spettacolo a mettersi alla berlina e a mortificare la propria immagine, pur di diventare protagonisti del piccolo schermo?

Il primo esempio di spasmodica “fame di fama”, lo troviamo nell’antica Grecia, dove un personaggio di nome Erostrato, pur di uscire dall’anonimato e passare alla storia, decise di dar fuoco al Tempio della dea Atena e di rivendicare a gran voce il misfatto, chiedendo a tutti di ricordare chi fosse stato l’autore di cotanto atto. Se siamo qui a parlarne…Erostrato è evidentemente riuscito nel suo intento, ma a che prezzo? La sua ostentata presa di posizione gli costò la vita, a causa della gravità di quanto aveva compiuto. E oggi? Ottenere visibilità ad ogni costo, diventare famosi per le proprie debolezze, per i difetti fisici, per comportamenti inadeguati, rendersi vittime consenzienti di smaliziati aguzzini mediatici non costa certo la vita, ma mortifica la dignità di Persona che ognuno di noi dovrebbe considerare il suo bene più caro.

Possiamo cercare di aiutare chi non coglie questo aspetto importante e soccombe a logiche di mercato che non gli appartengono o non gli sono chiare. Ma con coloro che deliberatamente sfruttano questi meccanismi psicologici a fini di audience ed introiti pubblicitari, che fare? Ebbene, esiste un rimedio strepitoso: il telecomando. Sveglia pubblico!!!

“Il battito del cervello, l’intelligenza del cuore”

Pitturazione: quando formazione e pittura s'incontrano

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Un progetto formativo ad alta innovazione, dove l’arte diventa spunto e strumento per esplorare la nostra persona: i processi decisionali, la capcità di reazione alle difficoltà, il modo in cui affrontiamo i problemi, i disagi nel ruolo che ricopriamo, nella relazione o nella mansione che svolgiamo. Ma anche, semplicemente, ciò che ci piace, ciò che desideriamo, che rifutiamo o che ci mette a disagio e capirne il perchè.

Basato su uno studio approfondito sul valore che l’arte può rappresentare nelle dinamiche di autoanalisi e nei processi di formazione e sviluppo della propria inteligenza emotiva, il progetto “Il battito del cervello, l’intelligenza del cuore” è stato messo a punto dopo due anni di lavoro, insieme a Luca B. Fornaroli, consulente di organizzazione e processi di internazionalizzazione,

Prima presentazione del Progetto a Cassinetta di Lugagnano (MI) sabato 10 settembre alle ore 18.00, presso lo Studio della pittrice Valentina Canale, in Via Capo di Sopra, 17.

Per info: clementi.cristiana@gmail.com

M. +39 320/4095710

 

In montagna si saluta…in città no. Geolocalizzazione dell’educazione.

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Abituata a mattiniere e solitarie passeggiate in montagna, con il mio cane, ho deciso di mantenere questa bella abitudine anche rientrata a casa. Ma ho tentato anche un altro esperimento.Sulle stradine di montagna, quando si incrocia un altro camminatore, è normale salutarsi con un cordiale buongiorno, anche se non ci si conosce. Pensavo che, alle sette del mattino, passeggiando lungo il Naviglio immersi nella natura e nel silenzio, imbattendosi in qualcuno che viveva la tua stessa esperienza, sarebbe stato carino salutarlo…. Risultato: 5 buongiorno, 1 risposta. In particolare, incrociando i colleghi di passeggiata: occhi bassi, improvviso interesse per i propri piedi, per l’orologio al polso o, peggio, sguardi persi in orizzonti lotani, immersi in chissà quali urgenti pernsieri. Ma non solo. Salutando per prima (e unica!) mi sono vista osservare con preoccupata attenzione, quasi il mio interlocutore si stesse chiedendo oltre a chi fossi, da quale patologia potessi essere affetta o, quantomeno, quale sarebbe stata la mia prossima mossa (volevo forse qualcosa??).
Qualcuno risponde al mio quesito? Cosa cambia tra un sentiero di montagna ed una stradina di campagna? Quale forma di ipocrita educazione porta un turista cittadino a salutare in montagna, fingendosi un montanaro DOC, e consente allo stesso di non rispondere al saluto di un suo concittadino, una volta rientrato a casa? Se iniziassimo tutti la giornata con un bel saluto a chi incontriamo, senza porci troppe domande su chi lo deve fare per primo, se si fa o non si fa, su cosa penserà chi riceve il saluto ecc. ecc.ma ricordando di essere tutti persone sulla stessa terra…forse le cose andrebbero meglio.
Comunque, fatte queste esternazioni a voce alta al mio cane mentre camminavamo, si è girato, mi ha sorriso…e abbiamo continuato la passeggiata.

RUBRICA: “Quello che non si vuol vedere”

Uniamo le nostre solitudini?

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RUBRICA: Quello che non si vuol vedere

 

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 Uniamo le nostre solitudini

Questa semplice frase ci riporta immediatamente al tempo che fu. Ricordate quando, timidamente,  si tentava un approccio tra single (magari persone vedove o comunque in difficoltà a relazionarsi) usando proprio queste parole?

L’altro giorno, andando a Milano in metropolitana, facevo questa riflessione: la gente non sa più stare sola, nemmeno per poche decine di minuti. Non si ha voglia di perdere tempo a pensare, non c’è interesse a guardarsi intorno, a riflettere, non si sa più semplicemente godersi un istante di pausa parlando solo con se stessi. Appena si entra nella carrozza della metro (rigorosamente di corsa, anche se il treno è fermo al capolinea e partirà dopo dieci minuti!) si estrae dalla tasca o dalla borsa il cellulare e via di messaggi, whatsapp, social o giochini on line.

Quante solitudini, tutte insieme, che non riescono più nemmeno a dire a parole “ci uniamo?”, ma si ritrovano di fatto unite in rete. Parlano virtualmente con un interlocutore che ha il potere di farle sentire parte di un gruppo, le coinvolge in sfide colorate con diaboliche caramelle che scoppiano, riempie il loro tempo prezioso di faccine smorfiose che prendono il posto di parole semplici ormai tanto difficili da scrivere… L’importante è non rimanere inattivi nemmeno per un istante.

Proponeva Fromm l’interessante dilemma Essere o Avere, ma oggi lo potremmo tranquillamente trasformare in un nuovo quesito: essere o fare? Fare, fare, fare…sempre fare, per non fermarsi a pensare, per non voler vedere quanto si è soli. E pensare che basterebbe così poco. Basterebbe alzare lo sguardo, guardarsi attorno e scoprire un prossimo che non aspetta altro che noi gli rivolgiamo la parola. “Buongiorno! Lo sa? Lei…mi piace”.

RUBRICA: “Quello che non si vuol vedere”

Le discriminazioni dissimulate

 

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RUBRICA: Quello che non si vuol vedere

 

 

 

 

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Le discriminazioni dissimulate

Come dice in un suo saggio Faucault, a proposito del quadro “Questo non è una pipa” di Magritte, il segno non è mai la cosa.

Così accade anche al di fuori dell’arte, dove il “detto” non sempre è il “pensato” o meglio, ciò che viene detto spesso dissimula un pensiero totalmente diverso da quanto appaia ad un ascoltatore distratto.

Viviamo in un Paese che promuove valori nobili e universalmente apprezzabili, come la democrazia, l’uguaglianza, la libertà di pensiero, il rispetto, il rifiuto delle discriminazioni, l’accoglienza e via dicendo. Eppure ci ostiniamo a non voler vedere quanta ipocrisia ci sia a volte nelle modalità con cui tentiamo di mettere in pratica questi valori nei gesti quotidiani.

Partiamo dalle notizie di un telegiornale. Ho sentito oggi annunciare che stanno per essere celebrate le esequie dell’ultima ragazza vittima dell’incidente stradale in Spagna. Il particolare che mi ha colpito è stato l’inciso fatto dalla giornalista: “Si svolgeranno oggi i funerali – con rito civile - dell’ultima vittima…” Una piccola frase, del tutto inutile a mio parere, buttata lì con subdola noncuranza, ma che ci richiama in modo subliminale il concetto che la regola sia fare una cerimonia religiosa. Certo, tutto è ammesso e rispettabile, ma non a tal punto da passare inosservato.

Continuiamo. Nei giorni scorsi, in occasione dell’ultimo terribile attentato in Belgio, abbiamo potuto assistere, ancora una volta, alla consolidata prassi della identificazione collettiva nel dolore del popolo colpito. E ancora una volta, esattamente come accaduto dopo le stragi di Parigi, sono comparse sui social bandiere giallo-rosso-nere che inglobano i volti nei profili degli utenti, coccarde in segno di lutto appuntate sulle immagini più disparate, primi piani di occhi che piangono, rivendicazioni di una nazionalità acquisita sul campo: “siamo tutti il Belgio!” (questa volta però i più hanno indicato la nazione e non i suoi abitanti, vista forse la difficoltà del plurale).

Sembrerebbe vera solidarietà (e probabilmente in molti casi lo è) se non fosse poi che radio, tv, giornali, gente comune se ne escono con la fatidica frase “fortunatamente non ci sono Iitaliani tra le vittime”. Ma mi spiegate cosa diavolo centra??? Cosa vuol dire: siamo forse più importanti degli altri?

Concludo con un appello alle pari opportunità rivolto a quei giornalisti (radio, video e di carta stampata) che omettono sempre di citare la nazionalità dei pirati della strada italiani. Perché penalizzarli? Perché discriminarli? Perché non offrire loro lo stesso momento di gloria che viene garantito agli stranieri, extra comunitari e non, ogni qualvolta salgono in macchina ubriachi, drogati, senza patente ma con licenza di uccidere? Allora ditelo: siamo tutti uguali, ma c’è sempre qualcuno più uguale degli altri!!!