La cultura è trasversale

Non confiniamola in settori

 

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Consiglio a tutti la lettura di questo libro di Gianrico Carofiglio, autore che seguo da sempre e stimo tantissimo. Con la sua scrittura fluida, semplice ed incisiva trasmette con semplicità concetti mai banali, permettendo a chiunque di comprenderli e di identificarsi nelle situazioni che descrive.

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Bello trovare uno scrittore  che spazia dai racconti di Guido Guerrieri, alla esegesi delle parole, ai ricordi della sua giovinezza… che parla di psicologia!  Quando sostengo che la Cultura non è  e non deve essere “ingabbiata” in schemi, intendo proprio questo.

Non tutti sono nati per studiare, per andare all’Università, non tutti amano stare ore e ore, o addirittura anni, sui libri e  a molti non piace nemmeno leggere. Ma non siamo tutti uguali ed è giusto che sia così. Ognuno ha il proprio posto nel mondo e nella società, siamo tutti utili e necessari (mai indispensabili!), tutti funzionari di un medesimo progetto, come dice Galimberti, che è quello della natura, quello che prevede il nostro passaggio sulla Terra e la nostra inevitabile scomparsa.

Ma perché non vivere al meglio delle proprie possibilità, soprattutto intellettivamente parlando? Ognuno per come sa e per come può. Chi più sa, quindi, e chi più può ha, credo, il dovere di gettare il seme della curiosità  sulla strada dei propri simili, allargando lo spettro della conoscenza, senza rimanere confinati all’interno delle proprie competenze specifiche.

Amo in Carofiglio la sua capacità di spaziare da un argomento all’altro con leggerezza e competenza, frutto di indubbia esperienza di vita.

Pur non facendo lo stesso mestiere, ho ritrovato con piacere nelle sue parole (Capitolo: “Canestri”) all’interno di questo libro, tantissimi spunti di riflessione, gli stessi che fornisco ai miei clienti durante le sedute di formazione. A riprova del fatto che quando si parla di concetti e di nozioni universalmente applicabili, non occorre uno specifico titolo di studio per diventarne divulgatori.

Se Carofiglio si fosse limitato a scrivere di materie giuridiche, se io parlassi sempre e solo di emozioni, se un falegname nel fare un tavolo non spiegasse al suo cliente la differenza tra un tipo di legno ed un altro, se un artista non esprimesse le sue doti al di fuori del palcoscenico,  se un medico rinunciasse ad infilarsi una naso da clown girando tra le corsie di un ospedale, semplicemente perché questo non fa parte del suo lavoro, la cultura non circolerebbe più.

Tutto ciò che arricchisce il nostro bagaglio di competenze, nell’apprendere e nel trasmettere, nel promuovere e nel recepire, ma soprattutto nell’imparare a porci le giuste domande, anziché andare perennemente alla ricerca di risposte,  è cultura.

Facciamola circolare e per una volta…non temiamo di venire contagiati!

RUBRICA: “Quello che non si vuol vedere”

Uniamo le nostre solitudini?

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RUBRICA: Quello che non si vuol vedere

 

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 Uniamo le nostre solitudini

Questa semplice frase ci riporta immediatamente al tempo che fu. Ricordate quando, timidamente,  si tentava un approccio tra single (magari persone vedove o comunque in difficoltà a relazionarsi) usando proprio queste parole?

L’altro giorno, andando a Milano in metropolitana, facevo questa riflessione: la gente non sa più stare sola, nemmeno per poche decine di minuti. Non si ha voglia di perdere tempo a pensare, non c’è interesse a guardarsi intorno, a riflettere, non si sa più semplicemente godersi un istante di pausa parlando solo con se stessi. Appena si entra nella carrozza della metro (rigorosamente di corsa, anche se il treno è fermo al capolinea e partirà dopo dieci minuti!) si estrae dalla tasca o dalla borsa il cellulare e via di messaggi, whatsapp, social o giochini on line.

Quante solitudini, tutte insieme, che non riescono più nemmeno a dire a parole “ci uniamo?”, ma si ritrovano di fatto unite in rete. Parlano virtualmente con un interlocutore che ha il potere di farle sentire parte di un gruppo, le coinvolge in sfide colorate con diaboliche caramelle che scoppiano, riempie il loro tempo prezioso di faccine smorfiose che prendono il posto di parole semplici ormai tanto difficili da scrivere… L’importante è non rimanere inattivi nemmeno per un istante.

Proponeva Fromm l’interessante dilemma Essere o Avere, ma oggi lo potremmo tranquillamente trasformare in un nuovo quesito: essere o fare? Fare, fare, fare…sempre fare, per non fermarsi a pensare, per non voler vedere quanto si è soli. E pensare che basterebbe così poco. Basterebbe alzare lo sguardo, guardarsi attorno e scoprire un prossimo che non aspetta altro che noi gli rivolgiamo la parola. “Buongiorno! Lo sa? Lei…mi piace”.