Perché ciò che è più pericoloso non sempre fa paura?

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Come può accadere che un soggetto normalmente responsabile, accetti talvolta di correre un rischio elevato sul posto di lavoro? In moltissime situazioni della vita quotidiana, un individuo non metterebbe mai in atto un comportamento che fosse altamente rischioso per la sua incolumità personale, ma questa necessità di auto-protezione non è sempre percepita allo stesso modo da parte di chi si mette al lavoro.

Ciò avviene perché nell’individuo convivono due forme di pensiero: quello controllato e quello automatico. Applicando il primo, l’individuo pensa in modo razionale e consapevole. Mettendo in atto il secondo invece, l’individuo usa tutta quella parte del pensiero che sfugge al suo controllo e adotta delle decisioni automatiche, ragionando in modo inconsapevole. Il rischio che si corre in questo caso è quello di cadere in distorsioni che non ci permettono, ad esempio, di avere una corretta percezione del rischi. file://localhost/Users/cristiana/Desktop/gas%20auto.jpeg

Un esempio riferito ad uno  specifico campo di interesse, il settore verniciatura, è quello che si verifica davanti ai c.d. eventi invisibili, quelli che ci raffiguriamo con maggiore difficoltà, perché non sono di facile rappresentazione. Nella vita quotidiana, l’esempio più calzante è quello della difficoltà a percepire i danni derivanti dal fumo. Nel campo della verniciatura, si pensi invece alla pericolosità di solventi e diluenti, di pigmenti coloranti, di additivi di vario genere, tutti con elevate proprietà tossiche, i cui effetti però, in quanto non immediatamente e concretamente visibili, vengono percepiti con maggiore difficoltà e, di conseguenza, sono meno temuti.

E’ in casi come questo che una pericolosa sottovalutazione del rischio, può aumentare la probabilità che l’evento dannoso si verifichi.

Formazione in azienda

La solitudine...dei numeri 1!

Sono stata interpellata dall’Associazione Italiana Verniciatori (ANVER), per discutere insieme a loro di un aspetto “caratteriale” legato agli esponenti del settore. Da qui è nato lo spunto per pensare ad una particolare attività formativa dedicata in particolare al mondo della verniciatura, ma estendibile a molte altre tipologie di aziende,  volta ad affrontare insieme agli interessati le problematiche di natura emotiva, relazionale, comunicativa legate alla figura dell’imprenditore. L’attuale periodo storico non ci consente più di applicare i vecchi schemi mentali che garantivano il successo all’impresa: è diventato indispensabile fornire al manager quegli skills necessari ad affrontare emotivamente crisi, problematiche, demotivazione personale o dei collaboratori, stress e…perchè no, anche il successo.

Da qui, il mio articolo.

Fino ad oggi si è ritenuto che possedere talento tecnico, competenze specifiche, risorse economiche, fosse la ricetta per un sicuro successo imprenditoriale. Ma in un periodo storico e in uno scenario lavorativo come quello attuale, tutto ciò, pur se necessario, non è più sufficiente. Gli imprenditori, sempre più frequentemente, si pongono interrogativi su quali siano le strategie vincenti, le tecnologie migliori, gli investimenti più sicuri, ma spesso non trovano risposte convincenti e avvertono un senso di solitudine e smarrimento, che li vede sommersi nelle loro problematiche, senza un valido strumento per reagire allo sconforto e, perché no, al panico che può venir generato da un momento di crisi lavorativa. Per risultare “vincenti” oggi, diventa indispensabile adottare un nuovo stile di pensiero, o meglio, un nuovo approccio mentale al ruolo che si ricopre. La figura dell’imprenditore richiede attualmente una capacità di adeguamento al sistema lavorativo e alle esigenze di mercato, che presuppone doti interiori non comuni, ma soprattutto specifiche abilità nel rapportarsi diversamente, in primis con sé stessi e, secondariamente, con gli stereotipi e gli schemi mentali appresi, tramandati e praticati sino ad oggi nello svolgimento della propria attività. Ciò che oggi conta davvero è un diverso modo di essere intelligenti, ovvero quel particolare talento che ci consente di mettere in discussione una concezione limitata, e superata, di quelle che sono le capacità utili sul lavoro, concezione secondo la quale “la competenza tecnica é tutto”.

Il cambiamento, soprattutto quello personale, non è mai facile, ma è possibile.

La prima resistenza da vincere è proprio quella al cambiamento stesso. La più grossa difficoltà a modificare qualcosa in noi o nelle nostre abitudini, nei nostri schemi mentali o comportamentali, per assurdo è provocata proprio dalle numerose semplificazioni che la tecnologia ci ha fornito negli ultimi decenni. L’attività cognitiva del nostro cervello è andata via via impigrendosi, grazie al continuo progresso tecnologico che ci ha concesso di ottenere i massimi risultati con il minimo sforzo. Ma, se da un lato questo ha fornito degli indubbi vantaggi, dall’altro ci ha progressivamente portati ad una sorta di inerzia, ad un impoverimento del pensiero e ad un depauperamento del linguaggio e, di conseguenza, ad una diminuzione delle capacità analitico-concettuali e creative, indispensabili invece per raggiungere soluzioni evolute e qualitativamente efficaci e produttive.

Dobbiamo quindi iniziare da un lavoro su noi stessi per sviluppare tutte quelle doti e abilità interiori “sopite”, che ignoriamo di avere, ma che ci consentiranno di raggiungere la consapevolezza, l’equilibrio, la motivazione e il coraggio necessari per diventare e rimanere…dei numeri 1!